| home | nederlands | english | espaňol | português | ITALIANO | |
Home · PUBLICAZIONI · articoli · DIVERSITA DELLE FORME

DIVERSITA DELLE FORME

DIVERSITA DELLE FORME DI IMPRESA E SVILUPPO RURALE

Jan Douwe van der Ploeg*

1.
L’eterogeneità è intrinseca all’agricoltura . Oltre a ciò, l’eterogeneità in quanto tale è di per sé anche un capitale: essa cagiona una vasta gamma di risposte al fine di far fronte a incerti futuri. Dall’incontro fra, da un lato, strutture spaziali e temporali mutevoli e, dall’altro lato, strategie multiple, emergono continuamente modelli di sviluppo nuovi e contrastanti, ciascuno dei quali si materializza in imprese e reti relazionali diversamente strutturate. Per farla breve: l’eterogeneità non è solo il risultato dell’attività operativa e della polivalenza che si incontra in agricoltura; contemporaneamente, essa anche origina e rinnuova sia l’una che l’altra.
L’eterogeneità si esprime in diverse dimensioni e a diversi livelli che danno luogo a nuove qualità e nuovi valori, alcuni dei quali a loro volta sono alla base di invenzioni e costruzione di nuove imprese, che ampliano e rimescolano l’eterogeneità già esistente.
Tuttavia, per quanto l’eterogeneità possa essere intrinseca all’agricoltura, la capacità di percepirla, capirla, valutarla ed impiegarla è - a dir poco - distribuita inegualmente.

2.
Il Grafico 1 riflette la localizzazione di un gruppo di aziende zootecniche da latte Olandesi distribuite all’interno di uno spazio definito dalla dimensione e dall’intensità di esercizio. L’anno di riferimento è il 1969 - l’anno in cui fu elaborato il noto Piano Mansholt per l’agricoltura dell’allora CEE. A quel tempo la “diversità empirica” veniva a malapena considerata come dimensione rilevante. Tutta l’attenzione veniva posta sulla cosiddetta “azienda agraria ottimale”: un modello aziendale localizzato da qualche parte nel futuro e verso il quale l’attività agricola dovrebbe convergere (Ploeg, Mansholt, Saccomandi e Benvenuti, 1995). Ed in realtà anche le diverse politiche settoriali dell’agricoltura risultavano crescentemente strutturate al fine di permettere - se non di produrre direttamente - un simile “salto” verso il presupposto ottimo. Il “salto” in questione (“sviluppo strutturale”, o “modernizzazione” o, infine, “razionalizzazione”) veniva concepito come un processo necessariamente selettivo nel quale sarebbero finalmente risultate incluse aziende gestite da attori “idonei” (o “moderni”, “razionali”, ecc.) mentre le aziende definite non vitali e gestite, quindi, da operatori “inidonei” (“tradizionali”, “managers insufficienti”, ecc.) ne sarebbero rimaste escluse. Ergo, il futuro veniva ad emergere come un “bene limitato”: i produttori primari del settore dovevano confluire tutti in uno stato di feroce concorrenza reciproca per poter sopravvivere come agricoltori.

articolo: fare clic



www.jandouwevanderploeg.com






NEW

Jan Douwe van der Ploeg
Formerly Professor and Chair of Rural Sociology and Emeritus professor of Transition Studies at Wageningen University (WUR), the Netherlands and Adjunct Professor of Rural Sociology at the College of Humanities and Development Studies (COHD) of China Agricultural University (CAU) in Beijing, China.

e-mail: click qui